MICHELE RIMASSA - Il falegname che veniva dal mare
Il falegname che veniva dal mare
Racconto dedicato a MICHELE RIMASSA, falegname ad Ollomont
Ha iniziato un pò per caso, in bottega, ma il suo destino e quello del legno erano legati fino alle più intime fibre e la sua passione ne è la chiara dimostrazione.
Originario di Genova, lì ha all’inizio lavorato e aperto una sua bottega, ha fatto lavori per privati, collezionisti e restauri importanti per la soprintendenza.
Michele ha portato ad Ollomont il suo lavoro, nella sua bottega dove ora fa prevalentemente il falegname e dove l’arte del legno nasce e rinasce ogni giorno con cura ,passione ed abilità.
foto ©max gatti |
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Racconto breve
©Genepio
Ho teso corde da campanile a campanile,
ghirlande da finestra a finestra
catene d’oro da stella a stella, e danzo.
(Arthur Rimbaud)
J'ai tendu des cordes de clocher à clocher ;
des guirlandes de fenêtre à fenêtre ;
des chaînes d'or d'étoile à étoile, et je danse.
(Arthur Rimbaud)
Il tutto iniziò nella Valle di Ollomont e, per quanto ci è dato conoscere intorno a questi fatti, non è detto sia finita.
Alcune piccole creature boschive seguono il rû du Mont che ha inizio a Vaud per poi percorrere la collina della riva destra di Ollomont e, infilandosi in una galleria, sbucare nel comune di Doues e viceversa.
Altri tra loro lasciano le rocce ed i ghiacci del Grand Combin, loro silente e magnanimo custode, lassù a 2000 metri di altitudine, dove il loro sguardo può spaziare fra gli alti pascoli e le cime innevate del Mont Velan, del Grand Combin e del Mont Gelé, passano la Fenêtre Durand, scendono dai pascoli fino ai villaggi di Glacier e Vaud.
L’abbé Henry sostiene che in passato la Fenêtre Durand fosse stata un colle militare, in quanto questo passo veniva utilizzato dagli abitanti della Val di Bagnes che cercavano di sottrarre agli "Ollomoeins" i pascoli di By.
A Vaud di Ollomont gli gnomi ricordano alcune delle case più antiche della Valpelline, a Rey la scoperta della miniera che risale, ai primi anni del 1600; dice una leggenda popolare che sia stato un contadino a scoprire il rame mentre stava zappando il terreno scambiando per oro alcune rocce giallastre, inutile dire che gli gnomi ne rivendicano la scoperta.
Qui, dove lo spirito si eleva ad imitare la montagna, quando il giorno si avvicina a passi ormai decisi, tutta la valle è un grande lago riflesso e i tocchi delle campane vi affiorano come cristalli di neve estiva, qui l’’anima sola, distante e altera, in alto, si appresta ad un silenzioso colloquio col sole, qui si inizia a raccontare.
Qui dove è nato, figlio delle cime ancor più che dei boschi, lo gnomo Morion.
Uno gnomo silenzioso, c’è chi dice altero, riservato sebbene per nulla timido o pauroso, anzi i più tra chi conosce lo direbbe piuttosto impavido. Morion è animato dalle alte creste, i moti del suo spirito di creatura montana ne seguono l’andamento frastagliato, sopra ogni cosa egli ama la libertà.
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Dicono non sia così difficile vederlo nella comba di Faudery, stretta tra le catene del Morion e dell’Aroletta, catene aspre e nere, un luogo dove cadono sassi che lui raccoglie ed esamina, riconoscendo quelli venuti da molto lontano, quelli di Annibale, come li chiama scherzosamente lui. Spesso però sale sul Morion, il più bel tridente delle Alpi e lì diventa introvabile.
Fu quando doveva scendere verso il bosco, intorno al villaggio di Glacier che si mise a cercare uno gnomo a cui soleva portare pietre raccolte sulle cime in cambio di resine che lassù in alto usava per lenire le contusioni che gli stambecchi a volte si procuravano sulle rocce. Non gli fu facile trovarlo però.
Pignetto, uno gnomo vivace e, secondo alcuni suoi simili, un pò chiassoso da qualche mese faceva ancor più spesso la spola dal villaggio al bosco. Il percorso era lo stesso, ben camuffato e sicuro, tant’è che, ad eccezione di un paio di gracchi alpini particolarmente gregari, nessuno si era accorto di questa sua nuova e quasi frenetica attività.
Dovete sapere che Pignetto era già piuttosto impegnato nello studio delle conifere e nell’approfondire con metodi più o meno ortodossi, le proprietà delle pigne; quante ne avesse raccolte, cotte, distillate, seccate, triturate, immagazzinate era divenuto ormai argomento leggendario più che semplice computo.
Aveva anche una predilezione particolare per la resina quando si trovava a dover lenire qualche dolore. Impacchi, infusi e pomate a base di resina… un’ energica frizione, una lozione o un buon bagno a base di gemme di pino.
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“I bagni di vapore, una sauna, a base di gemme fanno mirabilia. Tante e tali sono le virtù delle loro dilette piante!” andava fiero dicendo per la valle portando sempre con sé una pigna, ragion per cui infatti tutti lo chiamavano Pignetto, lui a volte precisava che gli alberi lo chiamavano con un altro nome, ma era questa una questione del tutto privata.
Furono però le voci dei pini e degli abeti a suggerirgli di portare i suoi peregrinaggi nel villaggio verso una piccolo laboratorio di cuore e di mani, dove i legni oramai vecchi e stanchi venivano curati, rincuorati e ripuliti dal peso del tempo per tornare a vivere.
Dovete sapere che le impronte che uno gnomo lascia dietro di sé sono davvero precise, sempre che voi riusciate a vederle o riconoscerle, fatto non scontato data la loro abilità nel mascherare ogni segno di passaggio. Per non lasciare tracce, lo gnomo si serve con intelligenza di muschio e di aghi di pino per cancellarle. A volte poi, fuori dalle case o nei pressi dei paesi girano in circolo e ripercorrono il cammino fatto. Se sospetta di essere osservato, o peggio ancora, seguito sparisce al primo angolo o incrocio di vie o sentieri. Spesso, dovendo attraversare un terreno scoperto, lo gnomo si serve di un’impronta di zampe d’uccello ben posizionata sotto le suole, perciò quando pensate che fuori dalla porta abbiano zampettato dei pettirossi…ma non divaghiamo.
“Oggi non si trova Pignetto?” chiese con tono tra il serio e lo stupito Morion “Non si trova? Ho delle pietre…”
Il gracchio lasciò cadere alcune bacche di ginepro e alzò la testa, il becco giallo che brillava per contrasto sul nero delle penne : “ Bisogna sempre guardare con attenzione vicino alle porte delle case più giù al villaggio, ci va spesso, poi ritorna, poi ci va ancora…” e riprese le bacche nel becco.
Pignetto infatti era al villaggio, anzi oltre, a Voueces, dove da tempo finiva sempre le sue esplorazioni come l’ago della bussola finisce sul Nord. Fuori da una finestra passavano il soffio del vento e le parole leggere, si fermava a volte uno gnomo curioso.
Guardò dentro, lasciò una pigna appena fuori la porta. Poi sparì .
Ma dopo un breve movimento in circolo ci ritornò. Riguardò dentro.
C’erano delle mensole con sopra sagome di legno che avevano la capacità di ascoltare, quella che nel mondo era quasi ormai finita, tanto nessuno pensava più che fosse utile.
Sparsi qui e là dei legni accoccolati uno accanto all’altro, felici ed addormentati, una sedia, gli attrezzi da falegname; c’era la manualità che si era rifugiata lì, la capacità di costruire oggetti che la gente aveva perduto.
Sparse qua e là tante cose fatte a mano che non interessavano quasi più a nessuno tanto era l’abitudine alle cose fatte in serie e tutte uguali.
L’amore per le cose belle e per l’arte stava nei cassetti, non erano ancora tutti pienissimi ma si capiva che la fretta e l’abitudine a non osservare delle persone li avrebbero riempiti presto.
“Che posto meraviglioso è questo?” si domandò Pignetto “shh…silenzio…le cose parlano e qui qualcuno le ha ascoltate…” sussurrava tra sé lo gnomo. Osservava incuriosito, gli cadde la pigna di mano accanto ai piedi, quando una voce conosciuta dietro di lui attirò la sua attenzione.
“Da quando gli gnomi si vanno a cercare nel bel mezzo dei villaggi?” chiese Morion al piccolo gnomo delle pigne.
“Voi gnomi dei ghiacci e delle pietre, sempre ad andar per luoghi impervi…quaggiù c’è del bello, vieni a vedere. Mi hai portato delle belle pietre?”
Morion mostrò un paio di pietre racconte sul monte paterno, facendo solo un cenno con la testa.
“Da dove viene quella?”- chiese ancora Pignetto - “Dall’Africa” - fu la breve risposta.
“Mi piace!” esclamò lo gnomo boschivo tirando fuori dal suo tunicotto verde un un piccolo fagotto di tela dove custodiva gelosamente un antico rimedio nonno, un unguento fatto con cera d’api e resina di larice mettere su ferite e sbucciature, evitando spiacevoli e dolorose infezioni.
Lo scambio fu presto fatto, umile segno che si può sempre imparare dagli altri ciò che non si ha.
“Entriamo!” Il piccolo gnomo raccolse la pigna e la legò alla punta del berretto, poi riprese in mano il suo bastone e si avviò verso l’entrata: “Vieni, su! Non star lì fermo come un sasso”.
“I sassi rotolano, non stanno fermi. E lì dentro ci sono uomini…”
“C’è un falegname…andiamo.”
Continua...
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