Una parete singolarmente verticale, dove anche il sole si arrende ed i suoi raggi non fanno quasi nulla. Una salita caratterizzata da difficoltà estreme che porta al limite l’umana sopportazione umana, lassù dove più nulla da il benché minimo conforto, lassù dove la montagna non sussurra ma parla ed urla allo scalatore parole di roccia e di ghiaccio.
Furono sette i tentativi in solitaria andati male, poi Bonatti ritenta la salita con Michel Vaucher, grande scalatore ginevrino, uno dei pochi alpinisti ai quali, con Mauri e Mazeaud, Bonatti da la massima fiducia lasciando la responsabilità del ruolo di primo di cordata. È il 6 agosto del 1964.
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La via Bonatti-Vaucher alle Grandes Jorasses (fonte: helias-millerioux.fr) |
Gli alpinisti si ripresentano di fronte alla altera parete nord delle Grandes Jorasses: cinquanta chiodi e trenta moschettoni e viveri per cinque giorni a testimoniare la grande impresa sulla parete mai violata da l’uomo.A notte fonda iniziano a salire. L'attacco della parete è il naturale ricettacolo delle pietre scaricate dalla montagna ma l'inizio dell'ascesa si rivela ottimo, da lì in poi sarà una sfida alla capacità di sopravvivenza.
Un’impresa, una sopravvivenza di quelle che hanno reso grande Bonatti.
Una serie di problemi – che per i comuni mortali sarebbe meglio definire drammatici eventi – affligge la salita.
Il primo giorno un masso in caduta distrugge una delle due corde tranciandola in cinque spezzoni che una volta annodati, non potranno che essere un problema per lo scorrimento dei moschettoni, il primo di una seria di drammatici ostacoli che la montagna porrà sulla loro via, quasi a cercare una battaglia. Al primo bivacco la montagna attacca duramente.
Nella notte ruggisce e una frana, una frana enorme scavalca i due alpinisti lasciandoli ricoperti di polvere.
Ora la montagna li sfida su un terreno minato, un tratto di parete franato è un’ impresa ben più complessa e pericolosa.
Ed ancora tocca alla montagna che schiera il disgelo il quale provoca un'altra scarica di pietre a pochi metri dai due alpinisti. Bonatti accusa il primo colpo inferto, viene colpito anche da un sasso in piena fronte. Un brutto colpo, che richiede tempo per riprendersi e medicarsi.
Secondo bivacco. La montagna non cede, li invita ad andarsene con una bufera di neve all’ombra di una parete franata e dopo una giornata quasi immobile decisamente combattuta.
Il giorno successivo alla bufera il campo di battaglia è disseminato di camini completamente ricoperti di neve, bisogna innalzarsi lungo strapiombi in cui il ghiaccio è l’impietoso padrone.
Le possibilità di assicurarsi sono pochissime, i due uomini devono risolvere il problema con le più fantasiose tra le soluzioni immediate. Dice infatti Bonatti ne I giorni grandi: "l'assicurazione con i chiodi diventa talmente precaria che a volte non riusciamo ad ancorarci al termine dei diciotto metri di fune: allora il secondo di noi, invece di rimanere fermo in assicurazione come vuole la regola, si muove anche lui verso l'alto, per consentire al primo di utilizzare qualche metro di corda in più."
Ultimo bivacco. La montagna non da tregua né conosco pace.
La temperatura arriva fino a -15°C, il sacco da bivacco di Bonatti, caduto nel vuoto, è perso.
Ancora duecento metri di salita, fatica, volontà, uso spasmodico di chiodi per farcela.
La salita è lenta, molto lenta ma entrambi non cedono, salgono, salgono.
Ecco la vetta, il sacrificio di una disumana battaglia di quattro giorni riceve il suo premio, la montagna concede la vittoria.
Una delle poche nord rimasta inviolata si concede alla forza, al sogno e alla volontà di Bonatti e Vaucher.
"L'ultimo baluardo di un grande alpinismo tradizionale" come la definì Bonatti stesso.
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La Stampa - 11 agosto 1964 |
“Anche l’ignoto, come l’impossibile, è una componente preziosa dell’avventura. Affrontarlo vuole dire porsi in diretta competizione con le proprie incertezze e la precarietà.”
Walter Bonatti.
MONTAGNE DI UNA VITA
Il libro è una raccolta di storie che tiene col fiato sospeso, come i migliori racconti d’avventura sanno fare, ma con in aggiunta il brivido della vita vissuta.
Un uomo entrato nel mito, che ha scritto la storia dell’alpinismo, ci accompagna con lui su sentieri impervi e tra rocce scoscese, dal Monte Bianco, alla Patagonia, alla salita in solitaria della parete Nord del Cervino.
In quello che è diventato un classico della letteratura di montagna, Walter Bonatti ripercorre le imprese indimenticabili che hanno costellato i quindici anni della sua grande stagione alpinistica, fino alla sofferta decisione di chiudere con quel mondo per dedicarsi all’avventura e all’esplorazione.
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