31 Gennaio
Se feit clier lo dzor de sentor l'ir baille lo tor et dor euncò pe quaranta zor.
Se il giorno di Sant’ Orso il tempo è bello l’Orso gira il suo pagliericcio
per farlo asciugare e dorme ancora quaranta giorni.
Di nuovo, i merli cantavano. Alcuni gnomi erano certi che così facendo avrebbero finito con lo svegliare i ruscelli, ridendo, dai loro sogni invernali.
Si sentivano, ed anche bene, ma faticavano a vederli come se in realtà fossero bianchi, ma tanto bianchi da non poterli distinguere dalla neve e i merli neri non fossero che le loro ombre.
Gennaio ormai non più un fanciullo, né giovane e forte mese strepitante tra le bufere, ma vecchio e zoppicante, cominciava ad essere infastidito dalle ore di luce che lentamente tornavano a riempire i giorni scuri e freddi.
Era stanco, irritabile e di malumore e certamente il canto dei merli non faceva che peggiorare il suo umore, pareva che cantassero per ricordargli che oramai non faceva più paura a nessuna creatura, sembrava che troppo spavaldamente i merli annunciassero la primavera con insensato anticipo, così, in vista dei tre giorni che ancora gli restavano, divenne ancora più molesto. Raccolse tutte le sue forze e si fermò, chiamò una tempesta di neve a rendergli omaggio, chiese a venti del nord di dimostrarsi suoi fedeli vassalli, aizzò il gelo furioso contro quel fischiettio di vita che cantava la sua fine. Il ventinove gennaio fece tanto freddo che i merli dovettero smettere di cantare perché il fiato si gelava loro addosso, dovettero chinare il capo sotto le piume nei nidi e non uscirne poiché fuori li aspettavano i morsi del gelo divenuto rabbioso.
Il trenta faceva ancora più freddo.
continua
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