N’est-ce pas là tout, en effet, et que désirer au delà ? Un petit jardin pour se promener, et l’immensité pour rêver. À ses pieds ce qu’on peut cultiver et cueillir ; sur sa tête ce qu’on peut étudier et méditer ; quelques fleurs sur la terre et toutes les étoiles dans le ciel.
(Victor Hugo)
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Viscalbus |
La neve sulle alture della terra è ospite in ogni stagione.
Ma l'estate, la terra si scaldava di vita anche lassù e non aveva un piglio tanto ospitale nemmeno per la neve; alcuni fiocchi provavano a svolazzare radi trattenuti a lungo in aria, imbrogliati dal vento, appena potevano sfiorare la cima delle erbe che si scioglievano e svanivano, come gli gnomi silvani quando vanno a letto. Tuttavia gli gnomi del luogo dediti alla raccolta e alla coltivazione delle erbe li guardavano con sospetto temendo che un capriccio di stagione non li piantasse seriamente sulla terra, quando i colli delle montagne si coprivano di bianco per lo spazio di due giorni c'era da temere che la terra non si riprendesse più, quando l'estate precipitava di colpo nell'inverno e la neve sparpagliava presagi di tempi rigidissimi. Gli gnomi delle cime usavano dire che lassù l'anno ha due sole stagioni: le estreme, essi erano infatti creature libere, a volte incostanti, spesso solitarie facilmente scostanti e guardinghe, di poche parole e di celate dolcezze.
Non che, per la maggioranza, non fossero creature benevole e sagge come tutti gli gnomi, anzi ne possedevano tutte le caratteristiche, erano tra l’altro degli ottimi inventori, artigiani, alchimisti e grandi conoscitori delle erbe e dei metalli con i quali ricavano rimedi per curare le malattie, semplicemente a differenza di quelli che avevano un carattere gioviale e simpatico, alcuni di essi erano timidi e diffidenti, e se non erano dotati di un gran senso dell’umorismo amavano comunque i giochi di parole e qualche trucco.
Tra questi gnomi alcuni erano erano selvatici esploratori delle rocce più aspre, altri modulavano il loro animo nella conoscenza delle erbe e dei loro benefici.
Uno di essi godeva di grande fama tra il piccolo popolo alpino, attento e profondo conoscitore delle erbe e delle loro proprietà, ne raccoglieva sia lassù in alto, sia scendeva verso i boschi e, oltre a quelle che vi crescevano spontaneamente, ne coltivava alcune con perizia e sapienza antica., che gli erano utili per infusi e pomate. Viscalbus era uno gnomo dal carattere guardingo ma ciò che lo contraddistingueva era il suo non rifiutare mai un aiuto, un consiglio, una cura.
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Certo sapeva che come in Giugno l'ultima pelle della neve covava alcune erbe già vigorose e quasi fiorite, in modo che, da un giorno all’altro, dove prima era tutto bianco, la montagna dipingeva una tela tutta screziata di colori vivi, così in Settembre e, sventuratamente a volte anche a sul finire d’Agosto, una sola notte trasfigurava i ripidi pendii ritrasformando il giardino in candido deserto.
La primavera lassù non portava le sue cangianti trasparenze e l’autunno spesso disdegnava di languirvi, il rincorrersi delle stagioni appariva aspro e violento come la forma di quei luoghi.
E con il passo delle stagioni, la vita degli gnomi che l'accompagnava e ne conseguiva. A Giugno, spesso, in un solo giorno raggiungevano le alture tutti gli abitatori estivi, si aprivano file di gnomi disparati, si riempivano gli anfratti del popolo tranquillo e taciturno degli gnomi delle rocce e i rari pianori del gregge dei silvani. A Settembre, invece, bastava un solo giorno a rarefare animali e gnomi, chiusi le capanne e i ricoveri, divenivano muti tutti gli echi delle montagne, tuttavia la giornata della partenza era festosa.
Fu un giorno di quelli, che sia lo scorrere dei fatti a svelare di quale mese, che appena lasciati i deserti nevosi, i luoghi alpini gli sorridevano con un tranquillo aspetto pastorale. La valle si rompeva ai suoi occhi in più rami come un tiglio enorme, e fra un ramo e l’altro invece delle foglie una pianura pacifica, una conca verde dove il torrente correva quieto come un ruscello e spesso divagava in lussuriose conversazioni con la folta vegetazione. Adagiati serenamente alcuni chiari villaggi della gente alta, molti dei quali non avevano di villaggio che il nome o il campanile, tanto le case si sparpagliavano, come capanne di gnomi, qua e là a cercare la parte di sole di cui tutte volevano la sua parte. Sembrava che ogni montagna cercasse senza sosta un punto sicuro dove mettere i piedi, cosicché tutte, una dopo l'altra affondavano la base e la smarrivano in un’enorme voragine. Se volgeva lo sguardo da un lato i pendii opposti si avventavano l'uno sull'altro e incassavano il torrente non più ammorbiditi da una foresta fitta d'abeti o da un bel cuscino dei prati, ma inaspriti da rovine di massi titanici; là sapeva crescere alcune piante medicamentose, tra la vegetazione arborea, dove si consumavano insieme gli ultimi pini, le prime querce e i primi noci.
Cime candide e burroni profondi, solcati da rivoli d’acqua d'argento, ghiacci scintillanti si stagliavano sopra la sua testa mentre passava sotto un costone roccioso quando improvvisamente un sasso si staccò dall’alto e, rotolando ebbro di conquistata libertà, colpì ad una gamba un pastore della gente alta che camminava nascosto in quell'ora fra le brune pareti dei monti. Il pover’uomo perse l’equilibrio e scivolò a lato di uno stretto sentiero, tentò subito di rialzarsi e camminare finché, non potendo reggere al dolore che provava nell'andar lontano da dov’era caduto, temendo per la sua vita chiese che gli fosse concesso di poter tornare ancora sulla sua montagna, perché non v'era altra cosa al mondo che potesse amare più di quella.
Lo gnomo fu colto da vibrante compassione, come se una sorta di empatia lo legasse a quella creatura alta e sfortunata. Si dice che le voci dell’acqua, del vento e delle pietre parlassero alle anime in modo misterioso; la nebbia che saliva dai valloni, quando veniva sospinta dal vento sui ghiacciai, imparava a prendere la forma e l’aspetto di figure soprannaturali e qualche volta, gli uomini, credevano di vedere realmente le streghe, i balli delle fate e cose come le processioni dei morti. Lì, al pastore, confuso per la caduta e per il dolore, parve di vedere un essere elementare delle montagne passargli accanto, sfiorarlo appena con la sua barba mentre cercava di guardarlo negli occhi. Bisogna ricordare qui che gli gnomi conoscono molti trucchi per dissimulare la loro presenza e far credere di essere altrove quando sono prossimi, come sono in grado di avvicinarsi senza essere visti e di confondere le menti per poter operare in tranquillità, o semplicemente transitare senza attirare troppa curiosità.
Fine
©genepio
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